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L’origine dei crostini alla toscana

da TuscanEat

Un tempo non si mangiava nei piatti. L’uso di avere un piatto individuale dove appoggiare i cibi è infatti abbastanza recente.

Basta osservare i quadri che rappresentano i banchetti rinascimentali per accorgersi che le tavole erano praticamente vuote.
Si portavano le carni e i pesci in grandi vassoi dai quali ognuno prendeva ciò che desiderava, lo mangiava e semmai lo posava su fette di pane.

Queste fette raccoglievano olietti, sughi vari e pezzetti di carne divenendo così saporite e gustose.

Erano le antenate dei nostri crostini: fette di pane ricoperte con un trito delle parti più povere degli animali.

Il pane siccome di solito era piuttosto duro (una volta il pane si faceva una volta la settimana), veniva prima abbrustolito e poi bagnato nel brodo o nel vino per renderlo mangiabile.

Non si tratta di un vero e proprio piatto, né di una specifica pietanza, bensì di una popolare e rustica leccornia amatissima dai toscani, grandi valorizzatori del loro pane non salato. I crostini hanno a che fare con la pur diversa fettunta e con la bruschetta. Anche l’Artusi li annette nel suo borghese ricettario, tanto che ne enumera questi diversi tipi: crostini di beccaccia, di capperi, di fegatini di pollo, di fegatini e acciughe, di milza, di tartufi, “di tre colori” (verde di spinaci, bianco e giallo dell’uovo), crostini fioriti, crostini di caviale e burro.

Fra le ricette fiorentina vi sono anche i crostini dolci, detti “della nonna” che si fanno zuppando fettine di pane nel latte caldo, poi infarinandole, passandole nell’uovo e nel pangrattato e poi fritte. Su di esse si mette, da ultimo, della composta di frutta cotta con buccia di limone

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